Il codice Olomouc, Státní Archiv, C.O.40, proveniente dalla
Dombibliothek del Capitolo olomucense, è un membranaceo in folio del secolo XIII
exeunte-XIV ineunte già segnalato da Miroslav Boháček1, che misura cm. 440 x 315. È
composto da tre gruppi di quaderni che racchiudono 219 carte vergate da quattro mani
diverse; è inoltre mutilo di taluni fogli, come si può arguire dalle discontinuità di
testo esistenti tra i foll. 126v e 127r, e tra fol. 158v e i ss.
2. Sui margini sono
presenti annotazioni in scriptura notularis siglate, a partire da fol. 37va, da
Xj(mon), che si rivela come il curatore dell’intera silloge tramandata dal
manoscritto. Questi è stato identificato da Federico Martino con Simone di Engelfredo,
giudice padovano attivo fino ai primi del secolo XIV
3.
Delle due carte di guardia del manoscritto, vergate da una
mano che scrive in lictera bononiensis, la prima conserva la nota di possesso:
“Anno domini M.CCC.LVIII. die XXVII. mens(is) augusti emptus est iste liber pro
sexagenis argenti marcarum”. A fol. 3r la firma Sanderi Ra. fa ritenere che il
codice sia appartenuto all’ufficiale vescovile olomucense Sander de Rambow4.
La stessa mano copia a fol. 2ra-2vb anche una
quaestio di Iacopo Bottrigari, datata 1317, con l’incipit: “Questio
domini Iacobi de Butrigariis legum doctoris. Statuto cavetur quod quilibet civis vel
extimatus vel habitator civis Bononie teneatur se facere describi in ea capella et cum
hominibus eius capelle…”5.
Le carte 3ra-125ra sono scritte forse da un copista di
bottega. La seconda grafia è stata chiamata ‘Mano B’6, mentre ‘C’ è la mano del
curatore Xjmon. Ambedue le grafie intervengono ai margini per correzioni e
integrazioni (soprattutto ‘C’); le espunzioni di singole lettere sono espresse lungo le
righe con dei punti sottostanti (‘mano B’), oppure con leggeri tratti di penna (‘mano
C’).
A fol. 3ra e fino a fol. 3va, inizia l’Indice del
Tractatus o Libellus quaestionum: una raccolta in forma trattatistica
di oltre 550 quaestiones frammiste a brani questionanti. Il testo è stato vergato
su due colonne in gotica libraria; gli incipit di ogni libro e le rubriche dei
singoli titoli sono evidenziati con inchiostro rosso. Alcuni capilettera sono
elegantemente miniati e comunque sempre evidenziati con inchiostro osso o blu; parimenti
è evidenziato in ogni quaestio l’alternarsi dei pro, dei contra,
della solutio.
L’opera di carattere compilativo documentata da questo
codice olomucense non è corredata da esplicita attribuzione di paternità ed ha una
struttura per sedes materiae organizzata in dodici libri7, ciascuno dei quali articolati in
numerose rubriche. Si chiude a fol 77va con un explicit:
“Quoniam dominus Rofredus beneventanus egregius legum doctor preclarus admodum et
famosus in compillatione libelli sui super quolibet contractu movit dubia et questiones
ad titulos facientes, idcirco quilibet studiosus ad illum recurrat et quod hic deficit
ibi querat et in libris meis in quibus super ipsa lictera in locis suis multa dubia de
propria manu scripsi que suffragium prestant ad presentis operis complementumˮ. Nella
stessa carta segue all’explicit un’ultima quaestio (“Yconomus cuiusdam
ecclesie…”) corrispondente alla q. 2 di Pillio dell’edizione romana del 15608, che mi pare eccentrica
rispetto al tessuto del libellus. Probabilmente era un appunto presente
nell’exemplar trascritto in coda dal copista.
Boháček aveva considerato come probabile autore dell’opera
Omobono Morisi da Cremona9, ma l’anonimo autore è stato successivamente identificato in Giuliano da
Sesso, la cui sigla o il nome per esteso compaiono più volte nel corso del testo10.
La versione del Tractatus così tramandata sembra
costituire, salvo fortunati rinvenimenti, l’“esemplare unico”11 superstite di uno scritto del
giurista ghibellino appartenente alla famiglia dei Sessi, meglio noto come autore dei
Flores legum. Qualche copia manoscritta, purtroppo perduta, si custodiva a
Padova presso la Biblioteca di S. Giustina sino al XVIII secolo e ne era rimasta traccia
negli antichi inventari. L’incipit ivi indicato, “De ecclesiis exemptis” altro
non è, nella redazione del nostro codice, che la prima rubrica del primo libro (fol. 3va); mentre “Liber
disputationum in iure civili” o “Liber disputatorius” era il titolo della raccolta
ascritta al legista reggiano dal Mercati, che aveva appunto compulsato gli inventari di
S. Giustina12.
Simone di Engelfredo, come si è detto ipotizzato curatore
dell’intera silloge olomucense, dispone di una delle redazioni del Tractatus, della
quale si serve per apporre in margine alcune integrazioni e correzioni. Una delle tante
additiones sparse in tutto il codice, nel corso della sua attività di revisione, gioca
anzi in favore della suggerita attribuzione di paternità, per la presenza di un rinvio
interno che rimanda espressamente a Giuliano da Sesso (fol. 212 rb: “…Iulianus de Sesso
dicit quod sic, ut no. in suis questionibus”13. Simone agisce appunto in ambiente
padovano intorno alla fine del XIII secolo, quando riunisce in questa sorta di prezioso
zibaldone i materiali provenienti dalle scholae del suo tempo ma utili alla pratica, fra
cui lo scritto di Giuliano; e non a caso proprio a Padova di esso si erano conservati
per centinaia d’anni gli ultimi esemplari di cui si abbia traccia.
Note
1
Le opere delle scuole medievali di diritto nei manoscritti della
Biblioteca del Capitolo di Olomouc, in Studia Gratiana, VIII, Bononiae 1962,
pp. 330-331, 335-339, 383-387, 390-292, 394-396.
2
F. Martino, Giuristi di scuola e pratici del diritto a Reggio e a
Padova. Il ms. Olomouc C.O.40, in Quaderni Catanesi di Studi Classici e Medievali,
16 (1986), pp. 425, 432.
3
Martino, Giuristi di scuola, pp 438-440. Sintetizza i dati su Simone
forniti dalle fonti conosciute J.C. Maire Viguer (a cura di), I podestà dell’Italia
Comunale, vol. I, Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XII
sec. – metà XIV sec.), Roma 2000, p. 180.
4
Boháček, Le opere, p. 383.
5
Già individuata da G. Dolezalek, Verzeichnis der Handsschriften zum
römischen Recht bis 1600, Frankfurt a. M. 1974, I, p. IV, sub v. Il brano è
ormai noto tramite altre fonti: cfr. M. Bellomo, Quaestiones in iure civili
disputatae. Didattica e prassi colta nel sistema del diritto comune fra
Duecento e Trecento, Roma 2008 [Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Fonti
per la storia dell’Italia Medievale – Antiquitates 31], pp. 332-333, 473-474,
532-533, che ne segnala diverse redazioni nei mss. Biblioteca Apostolica Vaticana,
Chigi, E. VIII.245, Roma, Biblioteca Centrale Nazionale, Vittorio Emanuele 1511.
6
Martino Giuristi di scuola, pp. 424 ss.
7
Fol. 3va: “Libellus iste in duodecim partes dividitur…”.
8
Pilei medicinenses Quaestiones sabbatinae, Romae 1560, rist. Corpus
Glossatorum Iuris Civilis, IV.1, Augustae Taurinorum 1967.
9
Boháček, Le opere, pp. 384 e ss.
10
Cfr. Martino, Giuristi di scuola, pp. 426-427; L. Sorrenti, Tra
scuole e prassi giudiziarie. Giuliano da Sesso e il suo ‘Libellus quaestionum’, Roma
1999, pp. 8-10.
11
Boháček, Le opere, p. 387.
12
Cfr. Martino, Giuristi di scuola, p. 426 e nt. 15; Sorrenti, Tra
scuole, pp. 9-10.
13
Cfr. Martino, Giuristi di scuola, ibidem.