Il giurista ghibellino proviene da un’antica e potente
famiglia reggiana, un cui ramo cadetto si è insediato anche a Vercelli. La formazione
professionale di Giuliano si compie con buona probabilità a Reggio, ma in un arco di
tempo anteriore alla composizione dei Flores legum si trasferisce nella città
piemontese al servizio dello zio Ugolino da Sesso, che ne era stato eretto vescovo nel
121414.
Introdotto nell’ambiente cittadino grazie alle relazioni parentali, diviene infatti
funzionario vescovile, come attesta egli stesso nel Proemio dei Flores, ove si
qualifica come “iuris civilis professor et officialis domini U. de Sesso dei gratia
episcopi vercellensis”. Non è noto se Vercelli sia stata o meno la prima sede, o forse
l’unica, del suo insegnamento, è comunque certo che un tale magistero non si si sia
potuto svolgere prima del 1228-1229, anno in cui ha iniziato l’attività lo
Studium vercellese dopo la nota migrazione di studenti padovani seguita dalla
convenzione stipulata nel 1228 con le locali autorità comunali, che si erano offerte di
fornire loro ospitalità e pagare gli stipendi ai professori.
Tra i maestri che insegnarono a Vercelli in questo torno
d’anni si segnalano subito, come documentato dagli stessi brani confluiti nel
libellus, Uberto da Bobbio15 ed il di lui allievo Omobono - i cui scritti sono
tanto presenti nella compilazione da indurre Boháček ad ipotizzarne la paternità - oltre
ad Uberto di Bonaccorso16.
Nel materiale dottrinale confluito nel trattato le
quaestiones de facto con gli esempi arbitrari di ambiente vercellese sono
numerosissime, seppure per lo più anonime, o ascrivibili all’attività didattica e
giudiziaria di Uberto da Bobbio ed Omobono. Per quanto sprovviste di sigla, le
quaestiones anonime potrebbero pure essere attribuite a Giuliano da Sesso, ma
non si può dirlo con certezza salvo che in alcune quaestiones forse
reportatae: ad es. la q. “Est in questione…”, tratta da un caso pratico che
de facto fuit pronunciatum secundum Iul(ianum)17. Documentano comunque lo
svolgimento di specifiche attività scolastiche nelle quali non solo è riconoscibile
l’alternarsi delle argomentazioni date dagli studenti, ma in qualche caso si identifica
il personaggio – allievo o giovane maestro – che ha contribuito validamente a trovare la
solutio più adeguata alla fattispecie proposta nel tema e al connesso quid
iuris18. Una
parte consistente dei brani selezionati è dunque derivata da fatti della vita di
relazione avvenuti prevalentemente nella città piemontese e risolti dai magistrati
cittadini tra i quali pure i dottori dello Studium vercellese rivestono un ruolo
in qualità di assessori, o di consulenti-avvocati; dai fatti, su cui si innesta una
quaestio, questi ultimi traggono spunto, nelle scuole appunto, per disputare
e far disputare quaestiones agli allievi. Dalla realtà fattuale con la connessa
allegazione processuale, si passa all’esercitazione didattica per addestrare i giovani
uditori nella dialettica giuridica. I quesiti scaturiti da un rapporto giuridico
controverso, nato in questo specifico spaccato della società comunale, sono dunque
sottoposti all’attenzione dei discenti, i quali imparano ad usare il diritto comune
tramite il consueto alternarsi di argomentazioni pro e contra: il
materiale confluito nell’opera costituisce in larga misura una sorta di documentazione
di questi settori dell’insegnamento universitario, cerniera e prezioso raccordo tra
prassi e dottrina.
Il pacifico svolgimento delle attività didattiche evocate
subsce una brusca interruzione tra il 1234 e il 1235; e non soltanto a causa della
scadenza della convenzione vercellese del 1228, prevista per la durata di otto anni. È
verosimile che lo stesso Giuliano da Sesso si sia definitivamente allontanato dal
Piemonte quando le vicende attraversate dalla città e dallo Studium, che non
viene ripristinato neanche dopo il tentativo di riapertura promosso dagli statuti del
1241-42, incidono pesantemente sulla sua storia personale. Precisamente in quegli anni
un insanabile contrasto è scoppiato infatti tra lo zio vescovo e il commune
civitatis e si tenta di comporlo tramite la riforma statutaria affidata ad
Enrico, un frate dell’ordine dei Minori che mirava a reintegrare alcune libertà
ecclesiastiche, secondo la denuncia del Vescovato compulsate dall’autorità cittadina. La
mancata attuazione delle riforme, ben presto rinnegate dai successivi statuti, che
sottopongono al banno e al fodro gli appartenenti alla giurisdizione vescovile,
determinano un’ancor più scandalosa frattura culminata con la scomunica lanciata da
Ugolino da Sesso contro i Vercellesi e il loro Podestà19. Oggetto del contendere, tra
gli altri, è pure lo Studium, a causa del mancato inserimento della cattedra di
teologia entro il suo tessuto ordinamentale, con la conseguenza di privare del salario
elargito dal comune proprio il teologo da poco insediato a Vercelli.
È più che plausibile che una simile situazione di crisi
abbia coinvolto in pieno un sodale-dipendente, nonché congiunto del Vescovo, qual è
Giuliano. È presumibile che la morte dello zio, avvenuta nel 1235, lo abbia privato di
una protezione autorevole, mentre a partire dall’anno successivo Vercelli si lancia in
una folle rincorsa antimperiale, dichiarata con l’adesione alle bellicose iniziative di
Enrico, figlio ribelle di Federico II, e alla lega antimperiale poi sconfitta a
Cortenuova nel 1237. La fede ghibellina professata dal giurista, la definitiva
riappropriazione delle giurisdizioni comunali ai danni del Vescovato, rendono
impraticabile e forse pericolosa la sua permanenza nel centro piemontese.
Rientrato a Reggio, il nostro è attivo come consulente legale
nel 1242. Successivamente, assunta la carica di justitiarius agli ordini di re
Enzo, organizza la feroce repressione dei moti antighibellini del 1245. L’episodio gli
fa guadagnare le invettive di Salimbene di Adam, il quale lo bolla come persecutor
ecclesiae. Le conseguenze dell’evento dovettero consigliargli ancora una volta
un allontanamento strategico: spostatosi a Cremona, due anni dopo Giuliano si dichiara
legum doctor, regie curie iudex e qui rimane come giudice al servizio di
Bonifacio, Marchese di Monferrato, almeno fino al 1254.
Tornato a Reggio in vecchiaia, nel 1265 assieme a tutti i
membri della sua famiglia è costretto alla fuga e all’esilio dalla riscossa guelfa.
Muore di lì a poco da scomunicato: vadens ad diabolum, patrem suum, cuius toto tempore
vite sue fuerat imitator, come ebbe a commentare spietatamente il fazioso Salimbene20
Note
14
Su questo personaggio, importante protagonista delle vicende
politiche di Vercelli, cfr. D. Maffei, Fra Cremona, Montpellier e Palencia nel
secolo XII. Ricerche su Ugolino da Sesso, in Rivista Internazionale di diritto
comune, 1 (1990), pp. 9-30. Qualche perplessità sull’insegnamento a Parma del
porporato in S. Bordini, ‘Studium’ e città. Alcune note sul caso reggiano (secoli
XI- XIII), in Medioevo reggiano. Studi in ricordo di O. Rambaldi, a cura di G.
Badini-A. Gamberini, Milano 2007, p. 187 e nt. 164.
15
Cfr. L. Sorrenti, Uberto da Bobbio e la giurisdizione sugli scolari.
Una quaestio sui limiti di esercizio del foro privilegiato, in Rivista
Internazionale di Diritto Comune, 4 (1993), pp. 211-219, per l’edizione di un brano
di Uberto di ambientazione vercellese, tratto appunto dal Libellus di
Giuliano (vedi fol. 66va), che contiene una notazione autobiografica: Uberto infatti
si qualifica nella quaestio come membro del collegium e segnala la
presenza di una universitas nello studio piemontese.
16
Sullo Studium nato dalla migrazione padovana, cfr. da ultimo
AA.VV., L’Università di Vercelli nel Medioevo, Atti del Secondo Congresso Storico
Vercellese – Vercelli 23-25 ottobre 1992, Vercelli 1994; G. Cantino Wataghin - S.
Lomartire (a cura di), ‘Carta Studii et scolarium commorancium in Studio
Vercellarum’: 4 aprile 1228. Intorno al primo documento della Università medievale
di Vercelli, Alessandria-Novara-Vercelli 2005.
17
Fol. 33va: vedi L. Sorrenti, Due giuristi attivi a Vercelli nel primo
Duecento: Omobono da Cremona e Giuliano da Sesso, in Rivista di Storia del Diritto
Italiano, LXVI (1993), pp. 420-422 e nt. 33.
18
Cfr. Sorrenti, Due giuristi, pp. 422-424 e nt. 36.
19
Riecheggia la peculiare situazione politica di Vercelli la q. anonima
“Quidam consiliarii civitatis” (fol. 68ra), che pone il quesito se la scomunica
comminata contro i componenti di un consiglio cittadino debba estendersi a coloro i
quali non hanno partecipato alla seduta in cui si è deliberato uno ‘statutum contra
ecclesiam’.
20
Per le vicende complessive della vita di Giuliano, spigolate da
numerose fonti, vedi Sorrenti, Tra scuole, pp. 85-90.